della Dott.ssa Olga Nastasi

 

 

È Natale! È tempo di auguri! Se riusciamo a resistere alle tentazioni legate alle festività, utilizziamo il nostro tempo per porgere i nostri auguri di presenza con un caldo abbraccio. Non inviamo i nostri messaggi standardizzati ma rendiamoci disponibili al contatto reciproco.  Non c’è niente di più efficace e benefico di un abbraccio: attenua lo stress e l’ansia, grazie alla produzione di ossitocina l’”ormone dell’amore” che agisce sul centro emotivo del cervello; abbassa il cortisolo: l’”ormone dello stress” e migliora la circolazione e il cuore; favorisce la produzione di endorfine con effetti antidepressivi e antidolorifici.

Nel 2004 nasce a Sidney un’iniziativa originale chiamata “free hugs”, in seguito diffusasi in molte città nel mondo. Vi partecipano gente comune che distribuiscono abbracci nei parchi, luoghi pubblici, strade. Lo scopo è quello di offrire un gesto di gentilezza disinteressato attraverso un contatto corpo a corpo. Un abbraccio è contagioso! Purtroppo non tutti sono disponibili ad un contatto fisico così immediato e spontaneo. Ognuno ha la sua storia, e molto spesso la necessità di essere toccati negata nell’infanzia si traduce in un comportamento difensivo di chiusura.

Toccare è sempre presente nella nostra vita. Il tocco è il modo in cui trasformiamo qualcosa che è fuori di noi in qualcosa che ci appartiene, quindi entra più o meno consapevolmente dentro noi stessi. Un “entrare” che non segue le comuni vie di accesso cognitive o affettive, di gusto, di piacere. Il contatto ha il potere di imprimersi direttamente in noi e rimanere nella nostra “memoria cellulare”, spesso bypassando la consapevolezza. Per questo motivo il tocco può rievocare infinite memorie di altri “tocchi” legati alla storia della nostra vita sia in modo cosciente che incosciente. Con il tocco riusciamo a riportare memorie tattili buone o cattive, gioie e dolori, l’amore e la mancanza di amore.  

Il medico ungherese Dott. Petho Sandor (Ungheria 1916 – Brasile 1992) ha ideato un metodo terapeutico denominato Calatonia il cui strumento privilegiato è il tocco gentile, delicato, “come a voler trasportare una bolla di sapone”.  Durante la sua esperienza di medico negli ospedali della Croce rossa e nei campi per rifugiati della seconda guerra mondiale, lavorò in carenza di risorse mediche, utilizzando il tocco delle sue mani come dialogo confortante ai piedi del letto del paziente. I risultati sorprendenti, in termini di più rapida riabilitazione dei malati e feriti da guerra gli conferirono il nome di “ colui che prende il dolore fra le sue mani”.        

La Catalonia è un metodo di integrazione mente-corpo che utilizza il tocco come strumento terapeutico. Questo tocco agisce a livello del sistema neurovegetativo favorendone un riequilibrio e ristabilendo un benessere psicofisico. I tocchi base riguardano i vari distretti del nostro corpo dove sono presenti molti neuro recettori (mani e piedi) e sono eseguiti molto lentamente con grande concentrazione e stato di presenza dell’operatore.

Il suo significato letterale è “tono adeguato” che interessa i tre aspetti dell’individuo: fisico-emozionale-mentale. Il suo è un obiettivo generale e non specifico, oltre al riequilibrio fisico e psichico, favorisce la coscienza e l’auto-percezione e il primo contatto è con sé stesso.

Calatonia è anche uno stile di vita, è attenzione delicata ed empatica alle relazioni umane, in questo senso è una controtendenza alla distanza che inevitabilmente la vita moderna ci porta. È riconnessione con l’organismo maggiore del quale facciamo parte non solo l’Umanità  nel suo insieme ma il pianeta stesso e il sistema solare.

 

 

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