della dott.ssa Mariuccia Sofia   

Cos’è la compulsione?
Se vi siete collegati e siete capitati qui alla ricerca di nuove strategie alimentari sono convinta che avete già fatto conoscenza con la signora Compulsione. Quella signora, un po’ invadente, che ci fa diventare assolutamente privi di coscienza, degli automi in preda ai nostri istinti. La compulsione, che si manifesta in realtà in tutte le forme di dipendenza, è l’incapacità di gestire gli impulsi e i desideri, restando inconsapevoli del movente che ci spinge a mangiare quel determinato alimento piuttosto che a comprare quel determinato vestito.

La compulsione sul piano alimentare spesso si traduce in voracità e incapacità di gustare ciò che stiamo mangiando. Se tendete a inghiottire quasi senza masticare siete già catalogabili come voraci. Ahinoi, la nostra società occidentale è vorace. Perché ha fretta, perché spesso il pasto è vissuto come una parentesi nella quale non perder troppo tempo, c’è altro da fare, altro da produrre. Questa mentalità assai diffusa, che ha favorito i fast food e impoverito la nostra tavola, ha ucciso il gusto e ha permesso l’inserimento nel mercato alimentare di cibi mummificati. Oltre ai piatti precotti e surgelati, anche la frutta e la verdura possono esserlo. Spesso le distribuzioni che forniscono le grandi catene alimentari raccolgono la frutta delle serre ancora acerba, poi la congelano e la scongelano solo quando arriva sui banconi della vendita – non avete mai notato che marcisce molto rapidamente ? –
Ma torniamo alla voracità e alla masticazione: sappiamo tutti che la prima digestione avviene in bocca e che grazie agli enzimi contenuti nella saliva avviamo una corretta frammentazione del cibo ed aiutiamo gli altri organi a selezionare e ad assorbire meglio i nutrienti.

Certe forme di intolleranza a volte si risolvono più rapidamente quando il paziente comincia a masticare di più.
C’è un aneddoto che racconta Martin Halsey, noto personaggio della Macrobiotica: è la storia di un recluso in un campo di concentramento tedesco ai tempi dell’incubo della persecuzione nazista. La razione di cibo era costituita giornalmente da un tozzo di pane secco e poca acqua. Questo signore nel suo diario racconta di essere rimasto in vita certamente grazie alla sua forte volontà di vivere e di aver adottato una strategia che gli permetteva di “saziarsi” solo masticando 100 volte ogni piccolo boccone. E’ chiaro che in situazioni estreme le risorse dell’organismo e della psiche si tendono al massimo e che l’energia interiore dell’individuo doveva essere decisamente tonica per produrre questo effetto, ma resta di fatto che questo escamotage nel suo caso funzionò. Quando mangiamo masticando a sufficienza, con attenzione al cibo e, magari parlando poco e gustando di più, mangiamo molto di meno, ci sentiamo più sazi e digeriamo meglio.
Parlando con un amico della voracità, mi esponeva la tesi di un americano che ha scoperto come certi alimenti, stimolando in lui l’aggressività, lo portavano a mangiare molto di più e molto più in fretta.
La tesi faceva riflettere sul fatto che alcuni cibi, spesso raffinati e complessi, sembra che non ti sazino mai. E’ vero, io aggiungerei che ciò che ti sazia del cibo, è la sua vitalità, quella che noi chiamiamo freschezza. Per gli orientali è l’energia eterica che è ancora contenuta in quell’alimento o che la cura e l’attenzione di chi l’ha preparato gli hanno infuso.

L’ingrediente segreto di molte pietanze ben riuscite è quello che la mia amica Maria Grazia chiama “amore”. Quante cene a base di “pastina e amore” preparate per i nostri bimbi. Quindi non sperate di saziarvi con cibi che hanno solo l’effetto di una zavorra sul corpo fisico. La fame continua, il non essere soddisfatti del pasto può avere tante componenti, anche psichiche, ma è bene partire dalla valutazione del tipo di cibo che mettiamo nel nostro piatto. Se fresco e vitale o se mummificato come dicevamo prima (è inutile dire che la carne né è l’esempio più lampante).
Allora scegliere bene e masticare di più sono due modi per nutrirsi meglio pur mangiando meno.

 

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