del Dr. Marco Cotugno –
Da poco meno di un secolo, parole relativamente nuove come «ecosistema», «climax», «biosfera» ci invitano a riflettere più densamente e profondamente sui nostri atteggiamenti, scelte e rivendicazioni, partendo dall’urgente per trattare dell’importante, con gli strumenti concettuali e il linguaggio propri della filosofia.
Nel sorgere di questa nuova sensibilità biocentrica, molti sono stati nel ‘900 i momenti importanti, soprattutto dal secondo dopoguerra. Opere quali The road to survival di William Vogt e Our Plundered Planet di Fairfield Osborn offrirono per la prima volta una prospettiva planetaria sugli effetti sempre più gravi delle attività della specie umana sull’ambiente – mentre – tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50, gli studi nel campo dell’«ecologia umana», mostrarono attraverso un approccio interdisciplinare l’importanza di una vita umana vissuta entro determinati limiti, sia fisici che morali.
Nel 1955, il raduno di Princeton preparò infine il terreno teorico del movimento ambientalista, che negli anni ‘50-’60 diventò parte dello stile di vita della cultura Beat, dando luogo a quella vera e propria «rivoluzione ambientale» che troverà in libri come Silent Spring di Rachel Carson una sorta di manifesto programmatico. Sempre il fermento ambientalista negli USA degli anni ’70 porterà alle prime leggi a tutela dell’aria (1973: Endangered Species Act) e alla prima Giornata della Terra (Earth Day, 22 aprile 1970), in cui 20 milioni di americani manifestarono nelle strade e nelle piazze per un ambiente integro e salubre. Giornata a cui oggi aderiscono ben 193 differenti paesi nel mondo.
Proprio l’emergere prepotente di questo bisogno di nuovi atteggiamenti verso la crescita, i beni, lo spazio e le cose viventi, figlio dell’idea che l’ambiente sia un sistema di interdipendenze, porterà i primi filosofi ambientali a problematizzare il rapporto tra la nostra specie e il resto del mondo naturale, cercando di trarre dall’ecologia insegnamenti su come pensare e ripensare la condotta degli esseri umani per renderla compatibile con la continuazione della specie e della vita sul pianeta, dando luogo così ad una nuova branca dell’etica applicata, la cosiddetta filosofia o etica ambientale, una disciplina che indaga appunto il rapporto tra la specie umana e l’ambiente allo scopo di elaborare principi normativi che giustifichino, legittimino e ispirino la condotta umana nei confronti del mondo naturale.
L’idea rivoluzionaria alla base della filosofia ambientale è quella che anche il mondo non umano abbia rilevanza morale e che dunque gli esseri umani abbiano obblighi da rispettare nei suoi confronti. L’etica verrà paragonata quindi a un Expanding Circle[1], un cerchio di considerazione morale i cui confini si allargano nel tempo a includere sempre nuove categorie di soggetti di diritto. Allargamento dei confini della comunità morale che avviene lungo quattro direttrici:
- Nello spazio, oltre i confini geografici (etica planetaria)
- Nel tempo, al di là della barriera delle generazioni (etica intergenerazionale)
- Oltre la specie, verso gli animali non umani (etica interspecifica)
- Oltre gli individui a includere enti inanimati, specie, ecosistemi (etica biocentrica)
[1] Cfr. P. Singer, The Expanding Circle, Clarendon Press, Oxford, 1981
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Dottore in filosofia e educatore professionale
Esperto in outdoor education
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