della dr.ssa Renata Mazzocchi

Ieri sera sono andata a vedere a teatro uno spettacolo tratto da un dramma di Pirandello: “L’uomo dal fiore in bocca”, esempio di dramma borghese in cui si affronta il tema della relatività della realtà e una meditazione sulla vita, fatta da chi vive un’esistenza convenzionale, esorcizzando il tema della morte, che diventa quando appare, una potente molla che scatena angoscia, paura e dolore se la malattia comporta anche quello. Devo ammettere di essere uscita particolarmente colpita per come era stato trattato il tema, che probabilmente neanche Pirandello aveva pensato; ma la riflessione che ne è seguita è stata: riuscirò mai a comprendere o provare un simile stato di angoscia, se mai dovessi imbattermi in chi invece ne è adombrato? E poi, come riuscire ad aiutare chi invece è dentro questo gorgo emotivo?

Pirandello parlava dell’immaginazione come un talento in dotazione dell’essere umano e allora mi chiedo: nella piena libertà che il Creatore ci ha concesso facendoci a sua immagine e somiglianza, non potremmo scegliere di agire tramite essa o allenare questa funzione così importante per scegliere cosa immaginare e cambiare il film della nostra vita? Non potremmo togliere attenzione a tutto ciò che ci procura dolore, angoscia, e paura ed attingere ai mezzi in nostro possesso, che spesso nascondiamo anche a noi stessi? Mi dibatto ultimamente tra la possibilità umana della scoperta della propria divinità che ci renderebbe felici, sani, e perfetti e i tempi di realizzazione. Ma chi decide i tempi, se non noi stessi, utilizzando al meglio le possibilità in dotazione che sappiamo di avere?

E’ utile conoscere tutte le sfaccettature della nostra e altrui umanità, percorrere i sentieri degli abissi dell’uomo, come molti eccellenti scrittori, filosofi e anche scienziati descrivono, se non altro per praticare quel “conosci te stesso” che suggerisce comunque un dinamismo che fa pensare che quello comunque non è il limite dell’esistenza.

Queste considerazioni, in linea con il periodo di festività che in questo mese celebriamo, mi ricordano anche alcune riflessioni sul tema in questione di Assagioli che, per certi, seppur differenti versi, associo a Bach, lo scopritore dei Fiori che portano il suo nome.

“Dolore, afflizione, senso di perdita, angoscia, si abbattono sull’uomo per costringerlo ad indagare i misteri della Vita. La Vita non è un libro sigillato, essa vuole essere compresa dall’uomo. Quando questi, affranto dal dolore le si rivolge e le domanda: Perché soffro? Perché tutto ciò che vive soffre? La Vita gli risponde: Il dolore è il grande liberatore, il grande purificatore, il grande elevatore, il suo ufficio più intimo è quello di riconciliatore tra l’uomo e la Vita. Il dolore induce l’uomo a cercare la sua Anima, quindi a trovarla e a comprendere il significato della sua esistenza terrena. Il dolore e la paura della Morte, fanno giungere l’uomo al distacco dalle cose fugaci e agganciarsi a ciò che è eterno e che vale veramente in sé: Vita, Verità, Forza, Armonia, Bellezza.”

Ed ecco che l’Accettazione fa compiere il salto in coscienza, la vibrazione interna si sposta ed emozioni, pensieri e tutta la nostra esistenza ne esce fortemente rischiarata. Come diceva Bach: nella corretta guarigione, niente deve essere utilizzato che liberi il paziente dalla sua responsabilità, ma aiutiamolo con quei mezzi, che la natura ci offre a superare i suoi difetti. Diamogli i fiori che hanno il potere di elevare le nostre vibrazioni, così da contattare la parte sana della nostra essenza.

 

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