della Dott.ssa Costanza Giunti

 

Alcuni decenni fa, quando intrapresi lo studio delle piante medicinali, c’erano molta tradizione e valide testimonianze empiriche ma erano ancora all’inizio gli studi sulle strutture chimiche del principio attivo, la farmacocinetica e la “scoperta” del fitocomplesso. Scoperta, quella del fitocomplesso, che, ancora oggi, si fa fatica a gestire per la quasi impossibilità a intercettare tutti i passaggi a livello metabolico di sistemi molecolari complessi e interattivi e, quindi, la difficoltà ad avere risposte scientifiche esaurienti. Basti pensare alle molteplici proprietà che difficilmente si spiegano considerando solo una molecola ritenuta attiva.

Quando cominciai a studiare e utilizzare le piante “ad amari” la mia perplessità aumentò perché, a parte gli effetti più riscontrabili legati alle proprietà digestive ed eupeptiche, non si riusciva ad avere un riscontro scientifico sugli altri effetti farmacologici: pensiamo agli effetti tonico-corroboranti della gentiana, all’azione antimalarica, antibatterica e antipiretica della china, all’azione estrogenica e sedativo-ipnotica (a dosaggi elevati) del luppolo, all’attività antitumorale dell’artemisia, solo per citarne alcuni.

Tutto questo finché uno studio recente, in ambito otorinolaringoiatrico, non ha portato stupefacenti scoperte ed aperto nuovi orizzonti.

Una equipe di scienziati – che stava cercando di alleviare i sintomi di malattie invalidanti e molto comuni come la sinusite cronica, la cui cura spesso consiste in lunghi cicli di antibiotici e cortisonici che finiscono spesso per causare l’aumento di resistenze in batteri molto pericolosi – decise di approfondire i meccanismi che stanno alla base delle difese immunitarie e cioè i meccanismi che le cellule epiteliali, nelle mucose delle vie aeree, mettono in atto per ostacolare le infezioni delle vie respiratorie. A ogni respiro, virus, batteri, spore entrano nelle nostre vie aeree, ma la maggior parte di noi vive senza manifestare infezioni delle vie aeree. E qui entrano in gioco i recettori gustativi che si trovano sulla nostra lingua e che sono stati trovati anche nel naso e non solo.

I recettori gustativi sono proteine che percepiscono il gusto amaro e hanno uno specifico ruolo di difesa contro i batteri innescando tre tipi di risposta:

1) il primo attacco avviene attraverso il movimento ciliare che allontana i batteri,

2) poi le proteine-recettori liberano monossido di azoto che uccide i batteri e

3) infine vengono mandate comunicazioni ad altre cellule per liberare proteine antimicrobiche chiamate defensine. Questi recettori danno una risposta molto più veloce di quella messa in moto dalla produzione di anticorpi.

Ma la scoperta che apre interi orizzonti di comprensione e di utilizzo delle piante ad amari è avvenuta quando altri scienziati nel 2009 hanno scoperto che questi recettori gustativi per gli amari non si trovano solo sulla lingua e sull’epitelio rino-faringeo, ma anche in polmoni, cuore, intestino, cervello e pancreas e che le cellule di questi organi vengono stimolate più velocemente quando i loro recettori sono attivati da sostanze amare. Nel 2014 altri ricercatori hanno trovato ulteriori correlazioni tra recettori gustativi e immunità anche in altri organi. Tutti questi studi hanno fatto capire, anche ai non esperti di piante medicinali, che sostanze amare che ingeriamo normalmente – come quelle contenute nelle birre amare, nelle verdure a foglia verde, le molte sostanze amare degli agrumi –  potrebbero avere una funzione terapeutica.  

Si pensa, dunque, in un possibile futuro di poter studiare nuovi medicinali basati su componenti ad amari per combattere le infezioni evitando gli antibiotici convenzionali. Precisiamo che il gusto dell’amaro percepito dai nostri recettori dipende da una classe di composti con una struttura chimica eterogenea che ha in comune solo il sapore.

Ci auguriamo che questi studi coinvolgano molto più da vicino chi conosce e lavora con le piante medicinali e sul loro utilizzo anche in ambito nutrizionale e che ci facciano riflettere, capire ed usare con maggiore consapevolezza lo splendido patrimonio donatoci dal Regno Vegetale. Mi domando, per estensione, se questi recettori per gli amari non abbiano, oltre all’attività stimolante e immunitaria, conoscendo ormai come i sistemi siano collegati tra loro, anche altre funzioni. Sarebbe interessante scoprire se altre piante ad amari (Caffè, Cola, Carciofo, Achillea…) hanno anche proprietà legate all’attività immunitaria e, se no, quale può essere il discriminante nel caso in cui in certi “percepiti amari” si attiva il sistema immunitario e in altri no.

Questo articolo è più ricco di domande che di risposte. In ogni caso questi studi ci dimostrano quanto sia importante non ignorare le conoscenze seppur empiriche, o forse proprio perché tali, del passato. L’utilizzo millenario delle piante medicinali per problematiche che potrebbero sembrare non collegate tra loro ma risolvibili con un’unica pianta, potrà aiutare a ricercare e intuire con strumenti scientifici moderni nuove forme terapeutiche e nuove connessioni fra i vari sistemi in un’ottica sempre più aperta.

 

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