del Massoterapista MCB e Riflessologo Plantare, Giuseppe Calcagno –

 

Il riflessologo plantare è una figura sempre più presente tra quelle che offrono servizi alla persona e, spesso, è confusa con altre professionalità che operano in ambito sanitario. È un operatore che ha l’obiettivo di sostenere la persona durante un percorso, un processo, che possiamo definire di cambiamento, e che fornisce quell’aiuto necessario all’organismo per ritrovare un equilibrio, attraverso la liberazione di quelle risorse presenti in ogni essere umano e necessarie per attivare, o meglio riattivare, i meccanismi di autoguarigione. Tutto questo il Riflessologo lo fa principalmente attraverso l’utilizzo di una tecnica antichissima, che è stata ed è praticata da tutte le culture umane, che lavora su diversi piani e che sfrutta meccanismi fisiologici, meccanici ed endocrini per suscitare risposte importanti per l’organismo: la Riflessologia Plantare.

In Italia il riflessologo è un operatore che opera in ambito olistico, nell’ambito delle discipline bio naturali.
In altri paesi quali Germania, Austria, Spagna, Svizzera, si parla di Riflessoterapia, e non di Riflessologia, perché la riflessologia è considerata una forma di terapia medica e, come tale, riconosciuta (e rimborsata!) dal sistema sanitario nazionale; in Paraguay le scuole di riflessologia sono aperte oggi solo a personale medico.

Nel nostro paese, il mancato riconoscimento specifico di questa disciplina, così come quello di molte altre (Osteopatia, Counseling, Naturopatia ecc…) non permette una uniformità ed una congruenza nel percorso formativo per diventare Riflessologo plantare e, alla fine, per il Riflessologo, in Italia, l’unico vero riconoscimento arriva dal proprio cliente e dal percorso che insieme si troveranno a fare.

Nel panorama formativo italiano troviamo corsi di vario genere e tipo ma per essere in linea con gli standard richiesti da quegli stati (anche europei) dove la riflessologia plantare è considerata una forma di terapia medica, occorre seguire percorsi formativi che diano piena dignità e completezza a questa disciplina proponendo percorsi completi (500 ore) in linea con il tipo di formazione strutturata all’estero.

Ma vediamo in cosa consiste la Riflessologia plantare e quali competenze dovrebbe avere un riflessologo.

La riflessologia del piede è una tecnica universalmente nota per essere in grado di affrontare rapidamente, efficacemente e in maniera non invasiva i più diffusi problemi di carattere fisico e funzionale, attraverso un approccio di lavoro principalmente incentrato sulla stimolazione degli apparati corporei e degli organi secondo la visione anatomo-fisiologica del corpo umano.

L’Associazione Riflessologi Americani (RAA), l’American Reflexology Certification Board (ARCB) e il National Council for Reflexology Educators (NCRE), dopo mesi di discussioni, hanno raggiunto un accordo sulla nuova definizione della Riflessologia negli Stati Uniti. Eccola qui:

“La Riflessologia è un protocollo di tecniche manuali, come camminare con il pollice o camminare con le dita, premere e rilasciare, massaggio di un punto con rotazione lenta e profonda, applicate a specifiche aree riflesse soprattutto dei piedi e delle mani. Queste tecniche stimolano la complessa rete di vie neurali che collegano i sistemi del corpo, sostenendo gli sforzi che il corpo fa per funzionare in modo ottimale. L’efficacia della Riflessologia è riconosciuta in tutto il mondo, da vari Istituti nazionali di Sanità e dal grande pubblico, come una disciplina distinta all’interno del campo della salute olistica”.

Un buon operatore di Riflessologia plantare dovrà, quindi, sviluppare diverse competenze (ascolto, tecnica, linguaggio, interpretazione, gestione del cliente, interazione interdisciplinare, scheda cliente, deontologia ecc..) e, per fare ciò, dovrà  approfondire diversi aspetti teorici e di “pratica”. Per la parte teorica sarà importante partire dallo studio della Storia della Riflessologia e delle aree riflesse (mappe che indicano la corrispondenza dei diversi organi e apparati sui piedi) della fisiologia degli organi e della fisiopatologia, per arrivare allo studio delle più recenti ricerche sulla relazione d’aiuto, tra cui la psicosomatica e la PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia).
Per la parte pratica ed esperienziale, sarà necessario approfondire, creando esperienza, lo studio della tecnica, l’applicazione del trattamento, un tirocinio tutorato, l’utilizzo di tecniche parallele alla riflessologia, l’utilizzo di punteruoli e strumenti che possano facilitare e centrare il lavoro, ecc…

Grazie a tutto questo, il Riflessologo potrà diventare un professionista in grado di affiancare con coscienza il cliente, di sostenerlo nel suo percorso, di restituirgli benessere e consapevolezza, di indirizzarlo verso altre figure sanitarie e non, coinvolte nei processi di guarigione, e di collaborare con queste ultime.

Come è noto, la scienza attuale è suddivisa in molteplici campi disciplinari, ciascuno ulteriormente articolato in settori e sotto-settori, che sempre più spesso hanno difficoltà a comunicare gli uni con gli altri. Ne consegue che di ogni fenomeno si hanno molteplici visioni particolari, specialistiche ciascuna delle quali si sofferma su singoli aspetti, livelli, parti, e sembra dimenticare di osservare il fenomeno nella sua globalità e interezza e di considerare le inevitabili interrelazioni con la totalità dell’insieme. Questa separazione arbitraria dell’intero in parti comporta innegabili vantaggi, ed ha permesso alla scienza di conseguire importanti traguardi, ma diventa un grosso ostacolo all’attivazione del processo di riequilibrio e di autoguarigione se dimentichiamo — come spesso purtroppo avviene — che, prima o poi, l’intero va ricomposto. Qui, in questo spazio in cui “si ricompone” l’intero, entra in gioco il Riflessologo, che attraverso l’arte del contatto, partecipa al processo di integrazione delle parti, rimarcando che la qualità totale del sistema VITA del suo cliente, sarà certamente maggiore della somma delle singole parti.

 

 

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E-mail: calcagiu@hotmail.it